Matteo 6,13 non c'indurre in tentazione

Non ci indurre in tentazione
(Mt 6,13) "E non ci indurre in tentazione". (CCC n. 2846) I nostri peccati sono frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non "indurci" in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è difficile: significa "non permettere di entrare in" (Mt 26,41), "non lasciarci soccombere alla tentazione". "Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male" (Gc 1,13); al contrario, vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta "tra la carne e lo spirito". Questa domanda implora lo spirito di discernimento e di fortezza. (CCC n. 2847) Lo Spirito Santo ci porta a discernere tra la prova, necessaria alla crescita dell'uomo interiore (Lc 8,13-15; At 14,22; 2 Tm 3,12) in vista di una "virtù provata" (Rm 5,3-5), e la tentazione che conduce al peccato e alla morte (Gc 1,14-15). Dobbiamo anche distinguere tra "essere tentati" e "consentire" alla tentazione. Infine, il discernimento smaschera la menzogna della tentazione: apparentemente il suo oggetto è "buono, gradito agli occhi e desiderabile" (Gn 3,6), mentre in realtà il suo frutto è la morte.

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