Matteo 9,18-26 Gesù guarisce e risuscita

Gesù guarisce una malata, risuscita la figlia di un capo-sinagoga
(Mt 9,18-26) Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà". Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli. Ed ecco una donna che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita". Gesù, voltatosi, la vide e disse: "Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita". E in quell'istante la donna guarì. (CCC n. 1501) La malattia piò condurre all'angoscia, al ripiegamento su di sé, talvolta persino alla disperazione e alla ribellione contro Dio. Ma essa può anche rendere la persona più matura, aiutarla a discernere nella propria vita ciò che non è essenziale per volgersi verso ciò che lo è. Molto spesso la malattia provoca una ricerca di Dio, un ritorno a lui. (CCC n. 1505) Commosso da tante sofferenze, Cristo non soltanto si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: "Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie" (Mt 8,17; Is 53,4). Non ha guarito però tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del Regno di Dio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la sua pasqua. Sulla croce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male (Is 53,4-6) e ha tolto "il peccato del mondo" (Gv 1,29), di cui la malattia non è che una conseguenza. Con la sua passione e la sua morte sulla croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci alla sua passione redentrice. Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: "Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme". Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione. (CCC n. 994) Gesù lega la fede nella Risurrezione alla sua stessa persona: "Io sono la risurrezione e la vita" (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell'ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui (Gv 5,24-25; 6,40) e che avranno mangiato il suo corpo e bevuto il suo sangue (Gv 6,54). Egli fin d'ora ne dà il segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti (Mc5,21-43; Lc 7,11-17; Gv 11), annunziando con ciò la sua stessa risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine. Di tale avvenimento senza eguale parla come del segno di Giona (Mt 12,39), del segno del Tempio (Gv 2,19-22): annunzia la sua risurrezione al terzo giorno dopo essere stato messo a morte (Mc 10,34).

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