Gv 10, 11-21 Io sono il buon pastore

(Gv 10, 11-21) Io sono il buon pastore
[11] “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. [12] Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; [13] egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. [14] Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, [15] come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. [16] E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. [17] Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. [18] Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio". [19] Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. [20] Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?". [21] Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?". (CCC 60) Il popolo discendente da Abramo sarà il depositario della promessa fatta ai patriarchi, il popolo della elezione, [Rm 11,28] chiamato a preparare la ricomposizione, un giorno, nell'unità della Chiesa, di tutti i figli di Dio; [Gv 11,52; 10,16 ] questo popolo sarà la radice su cui verranno innestati i pagani diventati credenti [Rm 11,17-18; 11,24]. (CCC 609) Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù “li amò sino alla fine” (Gv 13,1) “perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici” (Gv 15,13). Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini [Eb 2,10; 2,17-18; 4,15; 5,7-9]. Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso” (Gv 10,18). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso la morte [Gv 18,4-6; Mt 26,53]. (CCC 2285) Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli…, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”(Mt 18,6) [1Cor 8,10-13]. Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore [Mt 7,15].

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