Gv 16, 25-33 Io ho vinto il mondo!

(Gv 16, 25-33) Io ho vinto il mondo!
[25] “Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. [26] In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: [27] il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. [28] Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre". [29] Gli dicono i suoi discepoli: "Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. [30] Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio". [31] Rispose loro Gesù: "Adesso credete? [32] Ecco, verrà l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. [33] Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!". (CCC 662) “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'Ascensione al cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, “non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo… ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24). In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, “essendo egli sempre vivo per intercedere” a favore di “quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio” (Eb 7,25). Come “sommo sacerdote dei beni futuri” (Eb 9,11) egli è il centro e l'attore principale della Liturgia che onora il Padre nei cieli [Ap 4,6-11]. (CCC 661) Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cielo realizzata nell'Incarnazione. Solo colui che è “uscito dal Padre” può far ritorno al Padre: Cristo [Gv 16,28]. “Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13) [Ef 4,8-10]. Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla “Casa del Padre” (Gv 14,2), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire all'uomo questo accesso “per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria” [Messale Romano, Prefazio dell'Ascensione I]. (CCC 1808) La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa. “Mia forza e mio canto è il Signore” (Sal 118,14). “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo” (Gv 16,33).

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