Gv 18, 1-11 L’arresto di Gesù

Capitolo 18°
(Gv 18, 1-11) L’arresto di Gesù

[1] Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. [2] Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. [3] Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. [4] Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?". [5] Gli risposero: "Gesù, il Nazareno". Disse loro Gesù: "Sono io!". Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. [6] Appena disse "Sono io", indietreggiarono e caddero a terra. [7] Domandò loro di nuovo: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno". [8] Gesù replicò: "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano". [9] Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: "Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato". [10] Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. [11] Gesù allora disse a Pietro: "Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?". (CCC 622) In questo consiste la redenzione di Cristo: egli “è venuto per… dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28), cioè ad amare i suoi sino alla fine” (Gv 13,1) perché essi siano “liberati dalla” loro “vuota condotta ereditata dai” loro “padri” (1Pt 1,18). (CCC 623) Mediante la sua obbedienza di amore al Padre “fino alla morte di croce” (Fil 2,8), Gesù compie la missione espiatrice [Is 53,10] del Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità [Is 53,11; Rm 5,19]. (CCC 609) Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù “li amò sino alla fine” (Gv 13,1) “perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici” (Gv 15,13). Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini [Eb 2,10; 2,17-18; 4,15; 5,7-9]. Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso” (Gv 10,18). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso la morte [Gv 18,4-6; Mt 26,53]. (CCC 607) Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù [Lc 12,50; 22,15; Mt 16,21-23] perché la sua Passione redentrice è la ragion d'essere della sua Incarnazione: “Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!” (Gv 12,27). “Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?” (Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto, [Gv 19,30] egli dice: “Ho sete” (Gv 19,28).

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