Gv 21, 20-24 Il discepolo e testimone verace

(Gv 21, 20-24) Il discepolo e testimone verace
[20] Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: "Signore, chi è che ti tradisce?". [21] Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: "Signore, e lui?". [22] Gesù gli rispose: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi". [23] Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: "Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?". [24] Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. (CCC 878) E’ proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale avere un carattere personale. Se i ministri di Cristo agiscono in comunione, agiscono però sempre anche in maniera personale. Ognuno è chiamato personalmente: “Tu seguimi” (Gv 21,22) [Mt 4,19; 4,21; Gv 1,43] per essere, nella missione comune, testimone personale, personalmente responsabile davanti a colui che conferisce la missione, agendo “in Sua persona” e per delle persone: “Io ti battezzo nel nome del Padre…”; “Io ti assolvo…”. (CCC 879) Pertanto il ministero sacramentale nella Chiesa è un servizio esercitato in nome di Cristo. Esso ha un carattere personale e una forma collegiale. Ciò si verifica sia nei legami tra il collegio episcopale e il suo capo, il successore di san Pietro, sia nel rapporto tra la responsabilità pastorale del vescovo per la sua Chiesa particolare e la sollecitudine di tutto il collegio episcopale per la Chiesa universale. (CCC 516) Tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare. Gesù può dire: “Chi vede me, vede il Padre” (Gv 14,9), e il Padre: “Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo” (Lc 9,35). Poiché il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la volontà del Padre, [Eb 10,5-7] i più piccoli tratti dei suoi Misteri ci manifestano “l'amore di Dio per noi(1Gv 4,9). (CCC 517) Tutta la vita di Cristo è Mistero di Redenzione. La Redenzione è frutto innanzi tutto del sangue della croce, [Ef 1,7; Col 1,13-14; 1Pt 1,18-19] ma questo Mistero opera nell'intera vita di Cristo: già nella sua Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti con la sua povertà; [2Cor 8,9] nella sua vita nascosta che, con la sua sottomissione, [Lc 2,51] ripara la nostra insubordinazione; nella sua parola che purifica i suoi ascoltatori; [Gv 15,3] nelle guarigioni e negli esorcismi che opera, mediante i quali “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8,17); [Is 53,4] nella sua Risurrezione, con la quale ci giustifica [Rm 4,25]. (CCC 518) Tutta la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva vocazione l'uomo decaduto: “Allorché si è incarnato e si è fatto uomo, ha ricapitolato in se stesso la lunga storia degli uomini e in breve ci ha procurato la salvezza, così che noi recuperassimo in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè d'essere ad immagine e somiglianza di Dio” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 1]. “Per questo appunto Cristo è passato attraverso tutte le età della vita, restituendo con ciò a tutti gli uomini la comunione con Dio” [Ib., 3, 18, 7]. (CCC 519) Tutta la ricchezza di Cristo “è destinata ad ogni uomo e costituisce il bene di ciascuno” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 11]. Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi, dalla sua Incarnazione “per noi uomini e per la nostra salvezza” fino alla sua morte “per i nostri peccati” (1Cor 15,3) e alla sua Risurrezione “per la nostra giustificazione” (Rm 4,25). E anche adesso, è “nostro avvocato presso il Padre” (1Gv 2,1), “essendo sempre vivo per intercedere” a nostro favore (Eb 7,25). Con tutto ciò che ha vissuto e sofferto per noi una volta per tutte, egli resta sempre “al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24).

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