Gv 7, 43-52 I capi rifiutano di credere a Gesù

(Gv 7, 43-52) I capi rifiutano di credere a Gesù
[43] E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. [44] Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. [45] Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto?". [46] Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!". [47] Ma i farisei replicarono loro: "Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? [48] Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? [49] Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!". [50] Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: [51] "La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?". [52] Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea". [53] E tornarono ciascuno a casa sua. (CCC 574) Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono accordati per farlo morire [Mc 3,6]. Per certe sue azioni, [Cacciata di demoni Mt 12,24; perdono dei peccati Mc 2,7; guarigioni in giorno di sabato Mc 3,1-6; interpretazione originale dei precetti di purità della Legge Mc 7,14-23; familiarità con i pubblicani e i pubblici peccatori Mc 2,14-17]. Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca [Mc 3,22; Gv 8,48; 10,20]. Lo si accusa di bestemmia [Mc 2,7; Gv 5,18; 10,33] e di falso profetismo [Gv 7,12; 7,52], crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione [Gv 8,59; 10,31]. (CCC 575) Molte azioni e parole di Gesù sono dunque state un “segno di contraddizione” (Lc 2,34) per le autorità religiose di Gerusalemme, quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama “i Giudei”, [Gv 1,19; 2,18; 5,10; 7,13; 9,22; 18,12; 19,38; 20,19] ancor più che per il comune popolo di Dio (Gv 7,48-49). Certamente, i suoi rapporti con i farisei non furono esclusivamente polemici. Ci sono dei farisei che lo mettono in guardia in ordine al pericolo che corre [Lc 13,31]. Gesù loda alcuni di loro, come lo scriba di Mc 12,34, e mangia più volte in casa di farisei [Lc 7,36; 14,1]. Gesù conferma dottrine condivise da questa élite religiosa del popolo di Dio: la risurrezione dei morti [Mt 22,23-34; Lc 20,39], le forme di pietà (elemosina, preghiera e digiuno) [Mt 6,2-18], e l'abitudine di rivolgersi a Dio come Padre, la centralità del comandamento dell'amore di Dio e del prossimo [Mc 12,28-34]. (CCC 588) Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori [Lc 5,30] con la stessa familiarità con cui pranzava con loro [Lc 7,36; 11,37; Lc 14,1]. Contro quelli tra i farisei “che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri” (Lc 18,9), [Gv 7,49; 9,34 ] Gesù ha affermato: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc 5,32). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che, essendo il peccato universale, [Gv 8,33-36] coloro che presumono di non aver bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto [Gv 9,40-41]. (CCC 595) Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il fariseo Nicodemo [Gv 7,50] o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere, di nascosto, discepoli di Gesù, [Gv 19,38-39] ma a proposito di lui [Gv 9,16-17; 10,19-21] sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che alla vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire di essi che “molti credettero in lui” anche se in maniera assai imperfetta (Gv 12,42). La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che all'indomani della Pentecoste “un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede” (At 6,7) e che “alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti” (At 15,5) al punto che san Giacomo può dire a san Paolo che “parecchie migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla Legge” (At 21,20).

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