At 10, 1-8 Visione del centurione a Cesarea

Capitolo 10°
(At 10, 1-8) Visione del centurione a Cesarea

[1] C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica, [2] uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. [3] Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: "Cornelio!". [4] Egli lo guardò e preso da timore disse: "Che c'è, Signore?". Gli rispose: "Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio. [5] E ora manda degli uomini a Giaffa e fà venire un certo Simone detto anche Pietro. [6] Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare". [7] Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e, [8] spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa. (CCC 327) La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma che Dio “fin dal principio del tempo, creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre; e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo” [Concilio Lateranense IV: DS, 800; Concilio Vaticano I: ibid., 3002 e Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 8]. (CCC 350) Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature: “Ad omnia bona nostra cooperantur angeli - Gli angeli cooperano ad ogni nostro bene” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 114, 3, ad 3]. (CCC 351) Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini. (CCC 352) La Chiesa venera gli angeli che l'aiutano nel suo pellegrinaggio terreno, e che proteggono ogni essere umano. (CCC 335) Nella Liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; [Messale Romano, “Sanctus”] invoca la loro assistenza (così nell'“In Paradisum deducant te angeli…” - In Paradiso ti accompagnino gli angeli - della Liturgia dei defunti, o ancora nell'“Inno dei Cherubini” della Liturgia bizantina), e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi). (CCC 336) Dal suo inizio [Mt 18,10] fino all'ora della morte [Lc 16,22] la vita umana è circondata dalla loro protezione [Sal 34,8; 91,10-13] e dalla loro intercessione [Gb 33,23-24; Zc 1,12; Tb 12,12]. “Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita” [San Basilio di Cesarea, Adversus Eunomium, 3, 1: PG 29, 656B]. Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio. (CCC 2462) L'elemosina fatta ai poveri è una testimonianza di carità fraterna: è anche un'opera di giustizia che piace a Dio. (CCC 2447) Le opere di misericordia sono le azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali [Is 58,6-7; Eb 13,3]. Istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come perdonare e sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell'ospitare i senza tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti [Mt 25,31-46]. Tra queste opere, fare l'elemosina ai poveri [Tb 4,5-11; Sir 17,17] è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio: [Mt 6,2-4]. “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto (Lc 3,11). Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, e tutto sarà puro per voi (Lc 11,41). Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?” (Gc 2,15-16) [1Gv 3,17].

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