At 4, 13-22 Non possiamo tacere

(At 4, 13-22) Non possiamo tacere
[13] Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù; [14] quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere. [15] Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: [16] "Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. [17] Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui". [18] E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù. [19] Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; [20] noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato". [21] Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto. [22] L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni. (CCC 425) La trasmissione della fede cristiana è innanzitutto l'annunzio di Gesù Cristo, allo scopo di condurre alla fede in lui. Fin dall'inizio, i primi discepoli sono stati presi dal desiderio ardente di annunziare Cristo: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20). Essi invitano gli uomini di tutti i tempi ad entrare nella gioia della loro comunione con Cristo: Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta (1Gv 1,1-4). (CCC 2640) San Luca annota spesso nel suo Vangelo l'ammirazione e la lode davanti alle meraviglie operate da Cristo; le sottolinea anche per le azioni dello Spirito Santo che sono negli Atti degli Apostoli: la vita della comunità di Gerusalemme, [At 2,47] la guarigione dello storpio operata da Pietro e Giovanni, [At 3,9] l'esultanza della folla che glorifica Dio per l'accaduto, [At 4,21] la gioia dei pagani di Pisidia che glorificano “la Parola di Dio” (At 13,48). (CCC 428) Colui che è chiamato a “insegnare Cristo”, deve dunque cercare innanzi tutto quel guadagno che è la “sublimità della conoscenza di Cristo”; bisogna accettare di perdere tutto, “al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui”, e di “conoscere lui, la potenza della sua Risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,8-11). (CCC 429) Da questa amorosa conoscenza di Cristo nasce irresistibile il desiderio di annunziare, di “evangelizzare”, e di condurre altri al “sì” della fede in Gesù Cristo. Nello stesso tempo si fa anche sentire il bisogno di conoscere sempre meglio questa fede.

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