At 9, 1-9 Gesù converte Saulo

Capitolo 9°
(At 9, 1-9) Gesù converte Saulo

[1] Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote [2] e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati. [3] E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo [4] e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". [5] Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti! [6] Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". [7] Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. [8] Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, [9] dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda. (CCC 154) È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità “prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela” [Concilio Vaticano I: DS, 3008] ed entrare in tal modo in intima comunione con lui. (CCC 155) Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: “Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam - Credere è un atto dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 2, 9; Concilio Vaticano I: DS, 3010]. (CCC 162) La fede è un dono che Dio fa all'uomo gratuitamente. Noi possiamo perdere questo dono inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in guardia Timoteo: Combatti “la buona battaglia con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede” (1Tm 1,18-19). Per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; Mc 9,24; Lc 17,5; Lc 22,32] essa deve operare “per mezzo della carità” (Gal 5,6), [Gc 2,14-26] essere sostenuta dalla speranza [Rm 15,13] ed essere radicata nella fede della Chiesa.

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