At 9, 20-25 Paolo proclama Gesù Figlio di Dio

(At 9, 20-25) Paolo proclama Gesù Figlio di Dio
[20] E subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio. [21] E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti?". [22] Saulo frattanto si rinfrancava sempre più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo. [23] Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei fecero un complotto per ucciderlo; [24] ma i loro piani vennero a conoscenza di Saulo. Essi facevano la guardia anche alle porte della città di giorno e di notte per sopprimerlo; [25] ma i suoi discepoli di notte lo presero e lo fecero discendere dalle mura, calandolo in una cesta. (CCC 430) Gesù in ebraico significa: “Dio salva. Al momento dell'Annunciazione, l'angelo Gabriele dice che il suo nome proprio sarà Gesù, nome che esprime ad un tempo la sua identità e la sua missione [Lc 1,31]. Poiché Dio solo può rimettere i peccati, [Mc 2,7] è lui che, in Gesù, il suo Figlio eterno fatto uomo, “salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). Così, in Gesù, Dio ricapitola tutta la sua storia di salvezza a vantaggio degli uomini. (CCC 435) Il nome di Gesù è al centro della preghiera cristiana. Tutte le orazioni liturgiche terminano con la formula “per Dominum nostrum Jesum Christum... - per il nostro Signore Gesù Cristo...”. L' “Ave, Maria” culmina in “e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù”. La preghiera del cuore, consueta presso gli orientali è chiamata “preghiera di Gesù”, dice: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Parecchi cristiani muoiono con la sola parola “Gesù” sulle labbra, come santa Giovanna d'Arco. (CCC 436) Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico “Messia” che significa “unto”. Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché egli compie perfettamente la missione divina da esso significata. Infatti in Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una missione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, [1Sam 9,16; 10,1; 16,1; 16,12-13; 1Re 1,39] dei sacerdoti [Es 29,7; Lv 8,12] e, in rari casi, dei profeti [1Re 19,16]. Tale doveva essere per eccellenza il caso del Messia che Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno [Sal 2,2; At 4,26-27]. Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore, [Is 11,2] ad un tempo come re e sacerdote [Zc 4,14; 6,13] ma anche come profeta [Is 61,1; Lc 4,16-21]. Gesù ha realizzato la speranza messianica di Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re.

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