At 9, 36-40 Pietro risuscita una discepola

(At 9, 36-40) Pietro risuscita una discepola
[36] A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità, nome che significa "Gazzella", la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. [37] Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza al piano superiore. [38] E poiché Lidda era vicina a Giaffa i discepoli, udito che Pietro si trovava là, mandarono due uomini ad invitarlo: "Vieni subito da noi!". [39] E Pietro subito andò con loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. [40] Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: "Tabità, alzati!". Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. [41] Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva. [42] La cosa si riseppe in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore. [43] Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone conciatore. (CCC 994) Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa Persona: «Io sono la Risurrezione e la Vita» (Gv 11, 25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. Egli fin d’ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, annunziando con ciò la sua stessa Risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine. Di tale avvenimento senza eguale parla come del «segno di Giona» (Mt 12, 39), del segno del tempio: annunzia la sua Risurrezione al terzo giorno dopo essere stato messo a morte. (CCC 997) Che cosa significa «risuscitare»? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la stia anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della Risurrezione di Gesù. (CCC 998) Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: «quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna», (Gv 3, 29). (CCC 999) Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!» (Lc 24, 39); ma egli non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, «tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti», ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, in «corpo spirituale» (1 Cor 15, 44): “Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore, e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco... Si semina corruttibile e risorge incorruttibile… E’ necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità” (1 Cor 15, 33-37.42.5 3). (CCC 1000) Il «modo con cui avviene la risurrezione» supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: “Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione” (Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 18, 5). (CCC 1001) Quando? Definitivamente «nell’ultimo giorno» (Gv 6, 39-40.44.54; 11, 24); «alla fine del mondo». Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla Parusia di Cristo: “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo” (1 Ts 4, 16).

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