1 Cor 4, 9-14 Apostoli all’ultimo posto

(1 Cor 4, 9-14) Apostoli all’ultimo posto
[9] Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. [10] Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. [11] Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, [12] ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; [13] calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi. [14] Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. (CCC 164) Ora, però, “camminiamo nella fede e non ancora in visione” (2Cor 5,7), e conosciamo Dio “come in uno specchio, in maniera confusa..., in modo imperfetto” (1Cor 13,12). La fede, luminosa a motivo di Colui nel quale crede, sovente è vissuta nell'oscurità. La fede può essere messa alla prova. Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede ci dà la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle ingiustizie e della morte sembrano contraddire la Buona Novella, possono far vacillare la fede e diventare per essa una tentazione. (CCC 272) La fede in Dio Padre onnipotente può essere messa alla prova dall'esperienza del male e della sofferenza. Talvolta Dio può sembrare assente ed incapace di impedire il male. Ora, Dio Padre ha rivelato nel modo più misterioso la sua onnipotenza nel volontario abbassamento e nella risurrezione del Figlio suo, per mezzo dei quali ha vinto il male. Cristo crocifisso è quindi “potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1,25). Nella risurrezione e nella esaltazione di Cristo il Padre ha dispiegato “l'efficacia della sua forza” e ha manifestato “la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti” (Ef 1,19-22). (CCC 385) Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno sfugge all'esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura - che appaiono legati ai limiti propri delle creature - e soprattutto al problema del male morale. Da dove viene il male? “Quaerebam unde malum et non erat exitus - Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta”, dice sant'Agostino [Sant'Agostino, Confessiones, 7, 7, 11], e la sua sofferta ricerca non troverà sbocco che nella conversione al Dio vivente. Infatti il mistero dell'iniquità” (2Ts 2,7) si illumina soltanto alla luce del mistero della pietà (1Tm 3,16). La rivelazione dell'amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l'estensione del male e la sovrabbondanza della grazia [Rm 5,20]. Dobbiamo, dunque, affrontare la questione dell'origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede su colui che, solo, ne è il vincitore [Lc 11,21-22; Gv 16,11; 1Gv 3,8]. (CCC 572) La Chiesa resta fedele all’interpretazione di tutte le Scritture data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua pasqua (Lc 24,27.44-45): “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” (Mc 8,31), i quali lo hanno consegnato “ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso” (Mt 20,19).

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