1 Cor 6, 1-8 Non litigate per cose del mondo

Capitolo 6°
(1 Cor 6, 1-8) Non litigate per cose del mondo

[1] V'è tra voi chi, avendo una questione con un altro, osa farsi giudicare dagli ingiusti anziché dai santi? [2] O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se è da voi che verrà giudicato il mondo, siete dunque indegni di giudizi di minima importanza? [3] Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! [4] Se dunque avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente senza autorità nella Chiesa? [5] Lo dico per vostra vergogna! Cosicché non vi sarebbe proprio nessuna persona saggia tra di voi che possa far da arbitro tra fratello e fratello? [6] No, anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello e per di più davanti a infedeli! [7] E dire che è già per voi una sconfitta avere liti vicendevoli! Perché non subire piuttosto l'ingiustizia? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? [8] Siete voi invece che commettete ingiustizia e rubate, e ciò ai fratelli! (CCC 2534) Il decimo comandamento sdoppia e completa il nono, che verte sulla concupiscenza della carne. Il decimo proibisce la cupidigia dei beni altrui, che è la radice del furto, della rapina e della frode, vietati dal settimo comandamento. “La concupiscenza degli occhi” (1Gv 2,16) porta alla violenza e all'ingiustizia, proibite dal quinto comandamento [Mic 2,2]. La bramosia, come la fornicazione, trova origine nell'idolatria vietata nelle prime tre prescrizioni della Legge [Sap 14,12]. Il decimo comandamento riguarda l'intenzione del cuore; insieme con il nono riassume tutti i precetti della Legge. (CCC 2535) L'appetito sensibile ci porta a desiderare le cose piacevoli che non abbiamo. Così, quando si ha fame si desidera mangiare, quando si ha freddo si desidera riscaldarsi. Tali desideri, in se stessi, sono buoni; ma spesso non restano nei limiti della ragione e ci spingono a bramare ingiustamente ciò che non ci spetta e appartiene, o è dovuto ad altri. (CCC 2536) Il decimo comandamento proibisce l' avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito. Proibisce anche il desiderio di commettere un'ingiustizia, con la quale si danneggerebbe il prossimo nei suoi beni temporali: “La formula “non desiderare” è come un avvertimento generale che ci spinge a moderare il desiderio e l'avidità delle cose altrui. C'è infatti in noi una latente sete di cupidigia per tutto ciò che non è nostro; sete mai sazia, di cui la Sacra Scrittura scrive: “L'avaro non sarà mai sazio del suo denaro” (Sir 5,9) [Catechismo Romano, 3, 10, 13].

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