Rm 16, 21-27 A Dio la gloria per mezzo di Cristo

(Rm 16, 21-27) A Dio la gloria per mezzo di Cristo
[21] Vi saluta Timòteo mio collaboratore, e con lui Lucio, Giasone, Sosìpatro, miei parenti. [22] Vi saluto nel Signore anch'io, Terzo, che ho scritto la lettera. [23] Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunità. Vi salutano Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto. [25] A colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, [26] ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede, [27] a Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen. (CCC 2087) La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore. San Paolo parla dell'obbedienza alla fede (Rm 1,5; 16,26) come dell'obbligo primario. Egli indica nell'“ignoranza di Dio” il principio e la spiegazione di tutte le deviazioni morali [Rm 1,18-32]. Il nostro dovere nei confronti di Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza. (CCC 2641) “Siate ricolmi dello Spirito intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore” (Ef 5,19) [Col 3,16]. Come gli scrittori ispirati del Nuovo Testamento, le prime comunità cristiane rileggono il libro dei Salmi cantando in essi il mistero di Cristo. Nella novità dello Spirito, esse compongono anche inni e cantici ispirandosi all'evento inaudito che Dio ha realizzato nel Figlio suo: la sua incarnazione, la sua morte vincitrice della morte, la sua risurrezione, la sua ascensione alla propria destra [Fil 2,6-11; Col 1,15-20; Ef 5,14; 1Tm 3,16; 6,15-16; 2Tm 2,11-13]. E' da questa “meraviglia” di tutta l'Economia della salvezza che sale la dossologia, la lode di Dio [Ef 1,3-14; 3,20-21; Rm 16,25-27; Gd 24-25]. (CCC 1204) La celebrazione della Liturgia deve quindi corrispondere al genio e alla cultura dei diversi popoli [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 37-40]. Affinché il Mistero di Cristo sia “rivelato […] a tutte le genti perché obbediscano alla fede (Rm 16,26), esso deve essere annunziato, celebrato e vissuto in tutte le culture, così che queste non vengono abolite, ma recuperate e portate a compimento grazie ad esso [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 53]. La moltitudine dei figli di Dio, infatti, ha accesso al Padre, per rendergli gloria, in un solo Spirito, con e per mezzo della propria cultura umana, assunta e trasfigurata da Cristo.

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