Eb 3, 5-6 Mosè fu fedele servitore, Cristo è figlio

(Eb 3, 5-6) Mosè fu fedele servitore, Cristo è figlio
[5] In verità Mosè fu fedele in tutta la sua casa come servitore, per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunziato più tardi; [6] Cristo, invece, lo fu come figlio costituito sopra la sua propria casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.
(CCC 454) Il nome “Figlio di Dio” indica la relazione unica ed eterna di Gesù Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio unigenito del Padre [Gv 1,14.18; 3,16.18] e Dio egli stesso [Gv 1,1]. Per essere cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio [At 8,37; 1Gv 2,23]. (CCC 2778) Questa potenza dello Spirito che ci introduce alla Preghiera del Signore è indicata nelle liturgie d'Oriente e di Occidente con una felice espressione tipicamente cristiana: “parresìa”, vale a dire semplicità schietta, fiducia filiale, gioiosa sicurezza, umile audacia, certezza di essere amati [Ef 3,12; Eb 3,6; 4,16; 10,19; 1Gv 2,28; 3,21; 5,14]. (CCC 2828) “Dacci”: è bella la fiducia dei figli che attendono tutto dal loro Padre. Egli “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5,45) e dà a tutti i viventi “il cibo in tempo opportuno” (Sal 104,27). Gesù ci insegna questa domanda, che in realtà glorifica il Padre nostro perché è il riconoscimento di quanto egli sia buono al di là di ogni bontà. (CCC 2829) “Dacci” è anche l'espressione dell'Alleanza: noi siamo suoi ed egli è nostro, è per noi. Questo “noi” però lo riconosce anche come il Padre di tutti gli uomini, e noi lo preghiamo per tutti, solidali con le loro necessità e le loro sofferenze.

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