Gc 2, 10-11 Chi trasgredisce un punto solo è colpevole

(Gc 2, 10-11) Chi trasgredisce un punto solo è colpevole
[10] Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto; [11] infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere. Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge.
(CCC 2069) Il Decalogo costituisce un tutto indissociabile. Ogni “parola” rimanda a ciascuna delle altre e a tutte; esse si condizionano reciprocamente. Le due tavole si illuminano a vicenda; formano una unità organica. Trasgredire un comandamento è infrangere tutti gli altri [Gc 2,10-11]. Non si possono onorare gli altri uomini senza benedire Dio loro Creatore. Non si saprebbe adorare Dio senza amare tutti gli uomini sue creature. Il Decalogo unifica la vita teologale e la vita sociale dell'uomo. (CCC 2070) I dieci comandamenti appartengono alla rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell'uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Il Decalogo contiene una espressione privilegiata della “legge naturale”: “Fin dalle origini, Dio aveva radicato nel cuore degli uomini i precetti della legge naturale. Poi si limitò a richiamarli alla loro mente. Fu il Decalogo” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 15, 1: PG 7, 1012]. (CCC 2071) Quantunque accessibili alla sola ragione, i precetti del Decalogo sono stati rivelati. Per giungere ad una conoscenza completa e certa delle esigenze della legge naturale, l'umanità peccatrice aveva bisogno di questa rivelazione: “Una completa esposizione dei comandamenti del Decalogo si rese necessaria nella condizione di peccato, perché la luce della ragione si era ottenebrata e la volontà si era sviata” [San Bonaventura, In quattuor libros sententiarum, 3 37, 1, 3: Opera Omnia, v. 3, p. 819-820]. Noi conosciamo i comandamenti di Dio attraverso la Rivelazione divina che ci è proposta nella Chiesa, e per mezzo della voce della coscienza morale. (CCC 2073) L'obbedienza ai comandamenti implica anche obblighi la cui materia, in se stessa, è leggera. Così l'ingiuria a parole è vietata dal quinto comandamento, ma non potrebbe essere una colpa grave che in rapporto alle circostanze o all'intenzione di chi la proferisce.

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