Gen 2, 21-23 Il Signore Dio plasmò una donna

(Gen 2, 21-23) Il Signore Dio plasmò una donna
[21] Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. [22] Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. [23] Allora l'uomo disse: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta".
(CCC 372) L'uomo e la donna sono fatti “l'uno per l'altro”: non già che Dio li abbia creati “a metà” ed “incompleti”; li ha creati per una comunione di persone, nella quale ognuno può essere “aiuto” per l'altro, perché sono ad un tempo uguali in quanto persone (“osso dalle mie ossa…”) e complementari in quanto maschio e femmina (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 7). Nel matrimonio, Dio li unisce in modo che, formando “una sola carne” (Gen 2,24), possano trasmettere la vita umana: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” (Gen 1,28). Trasmettendo ai loro figli la vita umana, l'uomo e la donna, come sposi e genitori, cooperano in un modo unico all'opera del Creatore [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50]. (CCC 373) Nel disegno di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a “dominare” la terra [Gen 1,28] come “amministratori” di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, “che ama tutte le cose esistenti” (Sap 11,24), l'uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato.

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