Sal 130, 1-3 Signore, ascolta la mia voce

(Sal 130, 1-3) Signore, ascolta la mia voce
[1] Dal profondo a te grido, o Signore; [2] Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. [3] Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?
(CCC 2559) “La preghiera è l'elevazione dell'anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti” [San Giovanni Damasceno, Expositito fidei, 68 (De fide orthodoxa, 3, 24): PG 94, 1089]. Da dove partiamo pregando? Dall'altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o “dal profondo” (Sal 130,1) di un cuore umile e contrito? E' colui che si umilia ad essere esaltato [Lc 18,9-14]. L'umiltà è il fondamento della preghiera. “Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,26). L'umiltà è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera: “L'uomo è un mendicante di Dio” [Sant'Agostino, Sermo, 56, 6, 9: PL 38, 381]. (CCC 239) Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d'amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l'immagine della maternità [Is 66,13; Sal 131,2], che indica ancor meglio l'immanenza di Dio, l'intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio della fede si rifà così all'esperienza umana dei genitori che, in certo qual modo, sono per l'uomo i primi rappresentanti di Dio. Tale esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità. Conviene perciò ricordare che Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è né uomo né donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la maternità umane [Sal 27,10], pur essendone l'origine e il modello [Ef 3,14; Is 49,15]: nessuno è padre quanto Dio.

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