77. Quali altre conseguenze provoca il peccato originale?


77. Quali altre conseguenze provoca il peccato originale?

(Comp 77) In conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali, è sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza.

“In Sintesi”
(CCC 418) In conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, e inclinata al peccato (inclinazione che è chiamata “concupiscenza”).

Approfondimenti e spiegazioni
(CCC 405) Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno [Concilio di Trento: DS 1513], in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata “concupiscenza”). Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento spirituale. (CCC 406) La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta della riflessione di sant'Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio riteneva che l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente buona; in tal modo riduceva l'influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti insegnavano che l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà annullata dal peccato delle origini; identificavano il peccato ereditato da ogni uomo con l'inclinazione al male (“concupiscentia”), che sarebbe invincibile. La Chiesa si è pronunciata sul senso del dato rivelato concernente il peccato originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel 529 [Concilio di Orange II: DS 371-372] e nel Concilio di Trento nel 1546 [Concilio di Trento: DS 1510-1516].

Per la riflessione
(CCC 407) La dottrina sul peccato originale - connessa strettamente con quella della redenzione operata da Cristo - offre uno sguardo di lucido discernimento sulla situazione dell'uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta “la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” [Concilio di Trento: DS 1511; Eb 2,14]. Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione sociale [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25] e dei costumi. (CCC 408) Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l'espressione di san Giovanni: “il peccato del mondo” (Gv 1,29). Con questa espressione viene anche significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16]. (CCC 409) La drammatica condizione del mondo che “giace” tutto “sotto il potere del maligno” (1Gv 5,19; cf 1Pt 5,8) fa della vita dell'uomo una lotta: “Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 37].

(Prossima domanda: Dopo il primo peccato, che cosa ha fatto Dio?)

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