118. Perché la morte di Cristo fa parte del disegno di Dio? (I parte)


118. Perché la morte di Cristo fa parte del disegno di Dio? (I parte)

(Comp 118) Per riconciliare con sé tutti gli uomini votati alla morte a causa del peccato, Dio ha preso l'iniziativa amorevole di mandare suo Figlio perché si consegnasse alla morte per i peccatori. Annunciata nell'Antico Testamento, in particolare come sacrificio del Servo sofferente, la morte di Gesù avvenne «secondo le Scritture».

“In Sintesi”
(CCC 619) “Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3).

Approfondimenti e spiegazioni
(CCC 599) La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” (At 2,23). Questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno consegnato Gesù [At 3,13] siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio. (CCC 600) Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli stabilì dunque il suo disegno eterno di “predestinazione” includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: “Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele [Sal 2,1-2] per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse” (At 4,27-28). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro accecamento [Mt 26,54; Gv 18,36; 19,11] al fine di compiere il suo disegno di salvezza [At 3,17-18].

Per la riflessione
(CCC 601) Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del “Servo Giusto” [Is 53,11; At 3,14] era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato [Is 53,11-12; Gv 8,34-36]. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere “ricevuto” (1Cor 15,3), che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3; cf. At 3,18; 7,52; 13,29; At 26,22-23). La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente [Is 53,7-8; At 8,32-35]. Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente [Mt 20,28]. Dopo la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di Emmaus, [Lc 24,25-27] poi agli stessi Apostoli [Lc 24,44-45]. (CCC 602) San Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel disegno divino della salvezza: “Foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri […] con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato, già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi” (1Pt 1,18-20). I peccati degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla morte [Rm 5,12; 1Cor 15,56]. Inviando il suo proprio Figlio nella condizione di servo [Fil 2,7], quella di una umanità decaduta e votata alla morte a causa del peccato [Rm 8,3], “colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2Cor 5,21). [CONTINUA]

(Continua la domanda: Perché la morte di Cristo fa parte del disegno di Dio?)

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