446. Il comando di Dio: «Non ti farai alcuna immagine scolpita...» (Es 20,3) proibisce il culto delle immagini?


446. Il comando di Dio: «Non ti farai alcuna immagine scolpita...» (Es 20,3) proibisce il culto delle immagini?

(Comp 446) Nell'Antico Testamento con tale comando si proibiva di rappresentare il Dio assolutamente trascendente. A partire dall'Incarnazione del Figlio di Dio, il culto cristiano delle sacre immagini è giustificato (come afferma il secondo Concilio di Nicea del 787), poiché si fonda sul Mistero del Figlio di Dio fatto uomo, nel quale il Dio trascendente si rende visibile. Non si tratta di un'adorazione dell'immagine, ma di una venerazione di chi in essa è rappresentato: Cristo, la Vergine, gli Angeli e i Santi.

“In Sintesi”

(CCC 2141) Il culto delle sacre immagini è fondato sul mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio. Esso non è in opposizione al primo comandamento.

Approfondimenti e spiegazioni

(CCC 2129) L'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio spiega: “Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate l'immagine scolpita di qualche idolo” (Dt 4,15-16). E' il Dio assolutamente trascendente che si è rivelato a Israele. “Egli è tutto”, ma, al tempo stesso, è “al di sopra di tutte le sue opere” (Sir 43,27-28). Egli è “lo stesso autore della bellezza” (Sap 13,3). (CCC 2130) Tuttavia, fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame [Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv 3,14-15], l'arca dell'Alleanza e i cherubini [Es 25,10-22; 1Re 6,23-28; 7,23-26]. (CCC 2131) Fondandosi sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel 787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone: quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova “economia” delle immagini.

Per la riflessione

(CCC 2132) Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, “l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è rappresentato” [San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto 18, 45: PG 32, 149], e “chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto” [Concilio di Nicea II: DS 601; Concilio di Trento: DS 1821-1825; Conc. Ecum. Vat. II: Sacrosanctum concilium, 125; Id., Lumen gentium, 67]. L'onore tributato alle sacre immagini è una “venerazione rispettosa”, non un'adorazione che conviene solo a Dio: “Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 81, 3, ad 3].


(Prossima domanda: Come si rispetta la santità del Nome di Dio?)

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