469. Quale pena si può infliggere?


469. Quale pena si può infliggere?

(Comp 469) La pena inflitta deve essere proporzionata alla gravità del delitto. Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere il crimine rendendo inoffensivo il colpevole, i casi di assoluta necessità di pena di morte «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Evangelium vitae). Quando i mezzi incruenti sono sufficienti, l'autorità si limiterà a questi mezzi, perché questi corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune, sono più conformi alla dignità della persona e non tolgono definitivamente al colpevole la possibilità di redimersi.

“In Sintesi”

(CCC 1896) Là dove il peccato perverte il clima sociale, occorre far appello alla conversione dei cuori e alla grazia di Dio. La carità stimola a giuste riforme. Non c'è soluzione alla questione sociale al di fuori del Vangelo [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5].

Approfondimenti e spiegazioni

(CCC 2267) L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” [Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 56].

Per la riflessione

(CCC 2306) Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].


(Prossima domanda: Che cosa proibisce il quinto Comandamento?)

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