Mt 22,15-22

Mt 22,15-22

(Caritas in Veritate 34c) La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l'uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione poi della esigenza di autonomia dell'economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l'uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano.

«Laborem exercens»: lavoro chiave della questione sociale

(CDS 101a) Novant'anni dopo la «Rerum novarum», Giovanni Paolo II dedica l'enciclica «Laborem exercens» [187] al lavoro, bene fondamentale per la persona, fattore primario dell'attività economica e chiave di tutta la questione sociale.

Note: [187] Cfr. Giovanni Paolo II, Laborem exercens: AAS 73 (1981) 577-647.


(Mt 22, 15-22) Difendere i deboli assicurare la giustizia

[15] Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. [16] Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. [17] Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?". [18] Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate? 19] Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. [20] Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?". [21] Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". [22] A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.

(CDS 377) Il popolo di Israele, nella fase iniziale della sua storia, non ha re, come gli altri popoli, perché riconosce soltanto la signoria di Jahve. È Dio che interviene nella storia attraverso uomini carismatici, come testimonia il Libro dei Giudici. All'ultimo di questi uomini, Samuele, profeta e giudice, il popolo chiederà un re (cfr. 1 Sam 8,5; 10,18-19). Samuele mette in guardia gli Israeliti circa le conseguenze di un esercizio dispotico della regalità (cfr. 1 Sam 8,11-18) ); il potere regale, tuttavia, può essere anche sperimentato come dono di Jahve che viene in soccorso del Suo popolo (cfr. 1 Sam 9,16). Alla fine, Saul riceverà l'unzione regale (cfr. 1 Sam 10,1- 2). La vicenda evidenzia le tensioni che portarono Israele ad una concezione della regalità diversa da quella dei popoli vicini: il re, scelto da Jahve (cfr. Dt 17,15; 1 Sam 9,16) e da Lui consacrato (cfr. 1 Sam 16,12-13), sarà visto come Suo figlio (cfr. Sal 2,7) e dovrà renderne visibile la signoria e il disegno di salvezza (cfr. Sal 72). Dovrà dunque farsi difensore dei deboli e assicurare al popolo la giustizia: le denunce dei profeti si appunteranno proprio sulle inadempienze dei re (cfr. 1 Re 21; Is 10,1-4; Am 2,6-8; 8,4-8; Mi 3,1-4).

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.

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