Lc 19, 11-27

Lc 19, 11-27

(Caritas in Veritate 53b) Oggi l'umanità appare molto più interattiva di ieri: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in vera comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro [127]. Paolo VI notava che «il mondo soffre per mancanza di pensiero» [128]. L'affermazione contiene una constatazione, ma soprattutto un auspicio.

[127] Cfr. Id., Lett. enc. Evangelium vitae: 20: l.c., 422-424. [128] Lett. enc. Populorum progressio, 85: l.c., 298-299.

Lavoro: superiore a ogni altro fattore di produzione

(CDS 276) Il lavoro, per il suo carattere soggettivo o personale, è superiore ad ogni altro fattore di produzione: questo principio vale, in particolare, rispetto al capitale. Oggi, il termine «capitale» ha diverse accezioni: talvolta indica i mezzi materiali di produzione nell'impresa, talvolta le risorse finanziarie impegnate in un'iniziativa produttiva o anche in operazioni nei mercati borsistici. Si parla anche, in modo non del tutto appropriato, di «capitale umano», per significare le risorse umane, cioè gli uomini stessi, in quanto capaci di sforzo lavorativo, di conoscenza, di creatività, di intuizione delle esigenze dei propri simili, di intesa reciproca in quanto membri di un'organizzazione. Ci si riferisce al «capitale sociale» quando si vuole indicare la capacità di collaborazione di una collettività, frutto dell'investimento in legami fiduciari reciproci. Questa molteplicità di significati offre spunti ulteriori per riflettere su cosa possa significare, oggi, il rapporto tra lavoro e capitale.


(Lc 19, 11-27) Bravo servitore ti sei mostrato fedele

[11] Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. [12] Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. [13] Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno. [14] Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi. [15] Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato. [16] Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. [17] Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città. [18] Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. [19] Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città. [20] Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto; [21] avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato. [22] Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: [23] perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi. [24] Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci [25] Gli risposero: Signore, ha già dieci mine! [26] Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. [27] E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

(CDS 264) La consapevolezza della transitorietà della «scena di questo mondo» (cfr. 1 Cor 7,31) non esonera da alcun impegno storico, tanto meno dal lavoro (cfr. 2 Ts 3,7-15), che è parte integrante della condizione umana, pur non essendo l'unica ragione di vita. Nessun cristiano, per il fatto di appartenere ad una comunità solidale e fraterna, deve sentirsi in diritto di non lavorare e di vivere a spese degli altri (cfr. 2 Ts 3,6-12); tutti, piuttosto, sono esortati dall'Apostolo Paolo a farsi «un punto di onore» nel lavorare con le proprie mani così da «non aver bisogno di nessuno» (1 Ts 4,11-12) e a praticare una solidarietà anche materiale, condividendo i frutti del lavoro con «chi si trova in necessità» (Ef 4,28). San Giacomo difende i diritti conculcati dei lavoratori: «Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti» (Gc 5,4). I credenti devono vivere il lavoro con lo stile di Cristo e renderlo occasione di testimonianza cristiana «di fronte agli estranei» (1 Ts 4,12).

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.


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