Lc 23, 1-12

Luca 23

Lc 23, 1-12

(Caritas in Veritate 61a) Una solidarietà più ampia a livello internazionale si esprime innanzitutto nel continuare a promuovere, anche in condizioni di crisi economica, un maggiore accesso all'educazione, la quale, d'altro canto, è condizione essenziale per l'efficacia della stessa cooperazione internazionale. Con il termine “educazione” non ci si riferisce solo all'istruzione o alla formazione al lavoro, entrambe cause importanti di sviluppo, ma alla formazione completa della persona. A questo proposito va sottolineato un aspetto problematico: per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L'affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all'educazione, soprattutto all'educazione morale, pregiudicandone l'estensione a livello universale.

Legittimità dello sciopero: vantaggio proporzionato

(CDS 304) La dottrina sociale riconosce la legittimità dello sciopero «quando appare lo strumento inevitabile, o quanto meno necessario, in vista di un vantaggio proporzionato» [663], dopo che si sono rivelate inefficaci tutte le altre modalità di superamento dei conflitti [664]. Lo sciopero, una delle conquiste più travagliate dell'associazionismo sindacale, può essere definito come il rifiuto collettivo e concertato, da parte dei lavoratori, di svolgere le loro prestazioni, allo scopo di ottenere, per mezzo della pressione così esercitata sui datori di lavoro, sullo Stato e sull'opinione pubblica, migliori condizioni di lavoro e della loro situazione sociale. Anche lo sciopero, per quanto si profili «come... una specie di ultimatum» [665], deve essere sempre un metodo pacifico di rivendicazione e di lotta per i propri diritti; esso diventa «moralmente inaccettabile allorché è accompagnato da violenze oppure gli si assegnano obiettivi non direttamente connessi con le condizioni di lavoro o in contrasto con il bene comune» [666].

Note: [663] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2435. [664] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 68: AAS 58 (1966) 1089-1090; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 629-632; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2430. [665] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 632. [666] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2435.


(Lc 23, 1-12) Rispettare verità e dignità della persona

[1] Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato [2] e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re". [3] Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". [4] Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest'uomo". [5] Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui". [6] Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo [7] e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme. [8] Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. [9] Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. [10] C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. [11] Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. [12] In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.

(CDS 404) L'attività degli uffici preposti all'accertamento della responsabilità penale, che è sempre di carattere personale, deve tendere alla rigorosa ricerca della verità e va condotta nel pieno rispetto della dignità e dei diritti della persona umana: si tratta di assicurare i diritti del colpevole come quelli dell'innocente. Si deve sempre avere presente il principio giuridico generale per cui non si può comminare una pena se prima non si è provato il delitto. Nell'espletamento delle indagini va scrupolosamente osservata la regola che interdice la pratica della tortura, anche nel caso dei reati più gravi: «Il discepolo di Cristo respinge ogni ricorso a simili mezzi, che nulla potrebbe giustificare e in cui la dignità dell'uomo viene avvilita tanto in colui che viene colpito quanto nel suo carnefice» [830]. Gli strumenti giuridici internazionali relativi ai diritti dell'uomo indicano giustamente il divieto della tortura come un principio al quale non si può derogare in alcuna circostanza. Va altresì escluso «il ricorso ad una detenzione motivata soltanto dal tentativo di ottenere notizie significative per il processo» [831]. Inoltre, va assicurata «la piena celerità dei processi: una loro eccessiva lunghezza diventa intollerabile per i cittadini e finisce per tradursi in una vera e propria ingiustizia» [832]. I magistrati sono tenuti a un doveroso riserbo nello svolgimento delle loro inchieste per non violare il diritto degli indagati alla riservatezza e per non indebolire il principio della presunzione d'innocenza. Poiché anche un giudice può sbagliarsi, è opportuno che la legislazione disponga un equo indennizzo per la vittima di un errore giudiziario.

Note: [830] Giovanni Paolo II, Discorso al Comitato Internazionale della Croce Rossa, Ginevra (15 giugno 1982), 5: L'Osservatore Romano, 17 giugno 1982, p. 2. [831] Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633. [832] Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633.

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.

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