Gv 4, 1-15

Giovanni 4°

Gv 4, 1-15

(Caritas in Veritate 70a) Lo sviluppo tecnologico può indurre l'idea dell'autosufficienza della tecnica stessa quando l'uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sé. Il processo di globalizzazione potrebbe sostituire le ideologie con la tecnica [152], divenuta essa stessa un potere ideologico, che esporrebbe l'umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per incontrare l'essere e la verità. In tal caso, noi tutti conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della nostra vita dall'interno di un orizzonte culturale tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai poter trovare un senso che non sia da noi prodotto. Questa visione rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da far coincidere il vero con il fattibile.

[152] Cfr Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 29: l.c., 420.

Compresenza di azione pubblica, privata e senza finalità di lucro

(CDS 356) Il sistema economico-sociale deve essere caratterizzato dalla compresenza di azione pubblica e privata, inclusa l'azione privata senza finalità di lucro. Si configura in tal modo una pluralità di centri decisionali e di logiche di azione. Vi sono alcune categorie di beni, collettivi e di uso comune, la cui utilizzazione non può dipendere dai meccanismi del mercato [743] e non è neppure di esclusiva competenza dello Stato. Il compito dello Stato, in relazione a questi beni, è piuttosto quello di valorizzare tutte le iniziative sociali ed economiche che hanno effetti pubblici, promosse dalle formazioni intermedie. La società civile, organizzata nei suoi corpi intermedi, è capace di contribuire al conseguimento del bene comune ponendosi in un rapporto di collaborazione e di efficace complementarità rispetto allo Stato e al mercato, favorendo così lo sviluppo di un'opportuna democrazia economica. In un simile contesto, l'intervento dello Stato va improntato all'esercizio di una vera solidarietà, che come tale non deve mai essere disgiunta dalla sussidiarietà.

Note: [743] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843.


(Gv 4, 1-15) Chiamati a vivere come Lui, in Lui e di Lui

[1] Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni [2] - sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -, [3] lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. [4] Doveva perciò attraversare la Samaria. [5] Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: [6] qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. [7] Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". [8] I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. [9] Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. [10] Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". [11] Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? [12] Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?". [13] Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; [14] ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". [15] "Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".

(CDS 29) L'amore che anima il ministero di Gesù tra gli uomini è quello sperimentato dal Figlio nell'unione intima col Padre. Il Nuovo Testamento ci consente di penetrare nell'esperienza che Gesù stesso vive e comunica dell'amore di Dio Suo Padre — Abbà — e, dunque, nel cuore stesso della vita divina. Gesù annuncia la misericordia liberatrice di Dio nei confronti di coloro che incontra sulla Sua strada, a cominciare dai poveri, dagli emarginati, dai peccatori, e invita alla Sua sequela, perché Egli per primo, e in modo del tutto singolare, obbedisce al disegno d'amore di Dio quale Suo inviato nel mondo. La coscienza che Gesù ha di essere il Figlio esprime appunto tale originaria esperienza. Il Figlio ha ricevuto tutto, e gratuitamente, dal Padre: «Tutto quello che il Padre possiede è mio» (Gv 16,15). Egli, a sua volta, ha la missione di fare partecipi di questo dono e di questa relazione filiale tutti gli uomini: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Riconoscere l'amore del Padre significa per Gesù ispirare la Sua azione alla medesima gratuità e misericordia di Dio, generatrici di vita nuova, e diventare così, con la Sua stessa esistenza, esempio e modello per i Suoi discepoli. Essi sono chiamati a vivere come Lui e, dopo la Sua Pasqua di morte e risurrezione, a vivere in Lui e di Lui, grazie al dono sovrabbondante dello Spirito Santo, il Consolatore che interiorizza nei cuori lo stile di vita di Cristo stesso.

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.

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