Gv 18, 24-32

Gv 18, 24-32

(Caritas in Veritate 13b) Paolo VI comprese chiaramente come la questione sociale fosse diventata mondiale [25] e colse il richiamo reciproco tra la spinta all'unificazione dell'umanità e l'ideale cristiano di un'unica famiglia dei popoli, solidale nella comune fraternità. Indicò nello sviluppo, umanamente e cristianamente inteso, il cuore del messaggio sociale cristiano e propose la carità cristiana come principale forza a servizio dello sviluppo. Mosso dal desiderio di rendere l'amore di Cristo pienamente visibile all'uomo contemporaneo, Paolo VI affrontò con fermezza importanti questioni etiche, senza cedere alle debolezze culturali del suo tempo.

[25] Cfr Lett. enc. Populorum progressio, 3: l.c., 258.

Controllo di armi leggere e individuali

(CDS 511) Misure appropriate sono necessarie per il controllo della produzione, della vendita, dell'importazione e dell'esportazione di armi leggere e individuali, che facilitano molte manifestazioni di violenza. La vendita e il traffico di tali armi costituiscono una seria minaccia per la pace: esse sono quelle che uccidono di più e sono usate maggiormente nei conflitti non internazionali; la loro disponibilità fa aumentare il rischio di nuovi conflitti e l'intensità di quelli in corso. L'atteggiamento degli Stati che applicano severi controlli sul trasferimento internazionale di armi pesanti, mentre non prevedono mai, o solo in rare occasioni, restrizioni sul commercio delle armi leggere e individuali, è una contraddizione inaccettabile. È indispensabile ed urgente che i Governi adottino regole adeguate per controllare la produzione, l'accumulo, la vendita e il traffico di tali armi [1076], così da contrastarne la crescente diffusione, in larga parte tra gruppi di combattenti che non appartengono alle forze militari di uno Stato.

Note: [1076] Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385-386.


(Gv 18, 24-32) Non è consentito mettere a morte nessuno

[24] Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote. [25] Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: "Non sei anche tu dei suoi discepoli?". Egli lo negò e disse: "Non lo sono". [26] Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: "Non ti ho forse visto con lui nel giardino?". [27] Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. [28] Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. [29] Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest'uomo?". [30] Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato". [31] Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a morte nessuno". [32] Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.

(CDS 404) L'attività degli uffici preposti all'accertamento della responsabilità penale, che è sempre di carattere personale, deve tendere alla rigorosa ricerca della verità e va condotta nel pieno rispetto della dignità e dei diritti della persona umana: si tratta di assicurare i diritti del colpevole come quelli dell'innocente. Si deve sempre avere presente il principio giuridico generale per cui non si può comminare una pena se prima non si è provato il delitto. Nell'espletamento delle indagini va scrupolosamente osservata la regola che interdice la pratica della tortura, anche nel caso dei reati più gravi: «Il discepolo di Cristo respinge ogni ricorso a simili mezzi, che nulla potrebbe giustificare e in cui la dignità dell'uomo viene avvilita tanto in colui che viene colpito quanto nel suo carnefice» [830]. Gli strumenti giuridici internazionali relativi ai diritti dell'uomo indicano giustamente il divieto della tortura come un principio al quale non si può derogare in alcuna circostanza. Va altresì escluso «il ricorso ad una detenzione motivata soltanto dal tentativo di ottenere notizie significative per il processo» [831]. Inoltre, va assicurata «la piena celerità dei processi: una loro eccessiva lunghezza diventa intollerabile per i cittadini e finisce per tradursi in una vera e propria ingiustizia» [832]. I magistrati sono tenuti a un doveroso riserbo nello svolgimento delle loro inchieste per non violare il diritto degli indagati alla riservatezza e per non indebolire il principio della presunzione d'innocenza. Poiché anche un giudice può sbagliarsi, è opportuno che la legislazione disponga un equo indennizzo per la vittima di un errore giudiziario.

Note: [830] Giovanni Paolo II, Discorso al Comitato Internazionale della Croce Rossa, Ginevra (15 giugno 1982), 5: L'Osservatore Romano, 17 giugno 1982, p. 2. [831] Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633. [832] Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633.

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.

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