Gaudium et spes n. 13 e commento CCC
13. Il peccato.
Uomo: sublime vocazione e profonda miseria
[n. 13c] Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme
la loro ragione ultima sia la sublime vocazione, sia la profonda miseria, di
cui gli uomini fanno l'esperienza.
(CCC 400) L'armonia nella quale
essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza
delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta [Gen 3,7]; l'unione
dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni [Gen 3,11-13]; i loro rapporti
saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento [Gen
3,16]. L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata
aliena e ostile all'uomo [Gen 3,17.19]. A causa dell'uomo, la creazione è
soggetta alla schiavitù della corruzione (Rm 8,20). Infine, la conseguenza
esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza [Gen 2,17] si
realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato
tratto [Gen 3,19]. La morte entra nella
storia dell'umanità [Rm 5,12]. (CCC 401) Dopo questo primo peccato,
il mondo è inondato da una vera “invasione” del peccato: il fratricidio
commesso da Caino contro Abele [Gen 4,3-15]; la corruzione universale quale
conseguenza del peccato [Gen 6,5.12; Rm 1,18-32]; nella storia d'Israele, il
peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio
dell'Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la
redenzione di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi
[1Cor 1-6; Ap 2-3]. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano
continuamente la presenza e l'universalità
del peccato nella storia dell'uomo: “Quel che ci viene manifestato dalla
rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti, se l'uomo guarda
dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso in tante
miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando
di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in
rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia
verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
13].