Gaudium et spes n. 9 e commento CCC


n. 9 - Le aspirazioni sempre più universali dell'umanità.

Partecipare tutti ai benefici della civiltà moderna

[n. 9b] Donde le aspre rivendicazioni di tanti che, prendendo nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di quei beni per ingiustizia o per una non equa distribuzione. I paesi in via di sviluppo o appena giunti all'indipendenza desiderano partecipare ai benefici della civiltà moderna non solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la loro parte nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso la dipendenza anche economica dalle altre nazioni più ricche, che progrediscono più rapidamente. I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi. Le donne rivendicano, là dove ancora non l'hanno raggiunta, la parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non vogliono solo guadagnarsi il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavoro, anzi partecipare all'organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi persuasi che i benefici della civiltà possono e debbono realmente estendersi a tutti.
(CCC 1938) Esistono anche disuguaglianze inique che colpiscono milioni di uomini e di donne. Esse sono in aperto contrasto con il Vangelo: “L'eguale dignità delle persone richiede che si giunga ad una condizione più umana e giusta della vita. Infatti le troppe disuguaglianze economiche e sociali, tra membri e tra popoli dell'unica famiglia umana, suscitano scandalo e sono contrarie alla giustizia sociale, all'equità, alla dignità della persona umana, nonché alla pace sociale ed internazionale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 29]. (CCC 2317) Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra: “Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2,4; Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78). (CCC 1372) Sant'Agostino ha mirabilmente riassunto questa dottrina che ci sollecita ad una partecipazione sempre più piena al sacrificio del nostro Redentore che celebriamo nell'Eucaristia: “Tutta quanta la città redenta, cioè l'assemblea e la società dei santi, offre un sacrificio universale […] a Dio per opera di quel Sommo Sacerdote che nella passione ha offerto anche se stesso per noi, assumendo la forma di servo, e costituendoci come corpo di un Capo tanto importante. […] Questo è il sacrificio dei cristiani: “Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo” (Rm 12,5); e la Chiesa lo rinnova continuamente nel sacramento dell'altare, noto ai fedeli, dove si vede che, in ciò che offre, offre anche se stessa” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 10, 6: PL 41, 284]. 

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