Gaudium et spes n. 17 e commento CCC



17. Grandezza della libertà.

Ogni uomo dovrà rendere conto a Dio della propria vita

[n. 17c] Questa ordinazione verso Dio, la libertà dell'uomo, realmente ferita dal peccato, non può renderla effettiva in pieno se non mediante l'aiuto della grazia divina. Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene e di male (21).   
Note: (21) Cf. 2 Cor 5,10.
(CCC 1736) Ogni atto voluto direttamente è da imputarsi a chi lo compie: Il Signore infatti chiede ad Adamo dopo il peccato nel giardino: “Che hai fatto?” (Gen 3,13). Così pure a Caino [Gen 4,10]. Altrettanto fa il profeta Natan con il re Davide dopo l'adulterio commesso con la moglie di Uria e l'assassinio di quest'ultimo [2Sam 12,7-15]. Un'azione può essere indirettamente volontaria quando è conseguenza di una negligenza riguardo a ciò che si sarebbe dovuto conoscere o fare, per esempio un incidente provocato da una ignoranza del codice stradale. (CCC 1737) Un effetto può essere tollerato senza che sia voluto da colui che agisce; per esempio lo sfinimento di una madre al capezzale del figlio ammalato. L'effetto dannoso non è imputabile se non è stato voluto né come fine né come mezzo dell'azione, come può essere la morte incontrata nel portare soccorso a una persona in pericolo. Perché l'effetto dannoso sia imputabile, bisogna che sia prevedibile e che colui che agisce abbia la possibilità di evitarlo; è il caso, per esempio, di un omicidio commesso da un conducente in stato di ubriachezza.  

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