Gaudium et spes n. 19 e commento CCC
19. Forme e radici dell'ateismo.
Uomo: Dio lo crea per amore e non cessa di dargli l'esistenza
[n. 19a] L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo
consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo
è invitato al dialogo con Dio. Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha
creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non
vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se
non si abbandona al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non
percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame
con Dio: a tal punto che l'ateismo va annoverato fra le realtà più gravi del
nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor maggiore.
(CCC 28) Nel corso della loro
storia, e fino ai giorni nostri, gli uomini in molteplici modi hanno espresso
la loro ricerca di Dio attraverso le loro credenze ed i loro comportamenti
religiosi (preghiere, sacrifici, culti, meditazioni, ecc). Malgrado le
ambiguità che possono presentare, tali forme d'espressione sono così universali
che l'uomo può essere definito un essere religioso: “Dio creò da uno solo tutte
le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per
essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché
cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non
sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed
esistiamo” (At 17,26-28). (CCC 29) Ma questo
“intimo e vitale legame con Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19] può essere dimenticato, misconosciuto e
perfino esplicitamente rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere
origini assai diverse [Ib., 19-21]: la ribellione contro la presenza del male
nel mondo, l'ignoranza o l'indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo
e delle ricchezze [Mt 13,22], il cattivo esempio dei credenti, le correnti di
pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a
nascondersi, per paura, davanti a Dio [Gen 3,8-10] e a fuggire davanti alla sua
chiamata [Gn 1,3].