Gaudium et spes n. 33 e commento CCC
Gaudium et spes - Capitolo III
L'attività umana nell'universo
33. Il problema.
Beni: attesi non da forze superiori ma dalle proprie forze
[n. 33a] Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato
sempre di sviluppare la propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto della
scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su
quasi tutta la natura e, grazie soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di
scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi
e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che
molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li
procura con la sua iniziativa e con le sue forze.
(CCC 378) Il segno della
familiarità dell'uomo con Dio è il fatto che Dio lo colloca nel giardino [Gen
2,8], dove egli vive “per coltivarlo e custodirlo” (Gen 2,15): il lavoro non è
una fatica penosa [Gen 3,17-19], ma la collaborazione dell'uomo e della donna
con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile. (CCC 373) Nel disegno
di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a “dominare” la terra [Gen 1,28] come
“amministratori” di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario
e distruttivo. A immagine del Creatore, “che ama tutte le cose esistenti” (Sap
11,24), l'uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina
verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo
che Dio ha loro affidato. (CCC 2415) Il settimo comandamento esige il rispetto
dell'integrità della creazione. Gli animali, come le piante e gli esseri
inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata,
presente e futura [Gen 1,28-31]. L'uso delle risorse minerali, vegetali e
animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze
morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal
Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la
qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future;
esige un religioso rispetto dell'integrità della creazione [Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus,
37-38].