Gaudium et spes n. 33 e commento CCC
33. Il problema.
Qual è il senso e il valore della attività umana?
[n. 33b] Di fronte a questo immenso sforzo, che orrnai
pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual
è il senso e il valore della attività umana? Come vanno usate queste realtà? A quale
scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?
(CCC 307) Dio dà agli
uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua Provvidenza,
affidando loro la responsabilità di “soggiogare” la terra e di dominarla [Gen
1,26-28]. In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e
libere per completare l'opera della creazione, perfezionandone l'armonia, per
il loro bene e per il bene del loro prossimo. Cooperatori spesso inconsapevoli
della volontà divina, gli uomini possono entrare deliberatamente nel piano
divino con le loro azioni, le loro preghiere, ma anche con le loro sofferenze
[Col 1,24]. Allora diventano in pienezza “collaboratori di Dio” (1Cor 3,9; 1Ts
3,2) e del suo Regno [Col 4,11]. (CCC 2427) Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine
di Dio e chiamate a prolungare, le une con le altre e per le altre, l'opera
della creazione sottomettendo la terra [Gen 1,28; Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 34; Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus, 31]. Il
lavoro, quindi, è un dovere: “Chi non vuol lavorare, neppure mangi” (2Ts 3,10)
[1Ts 4,11]. Il lavoro esalta i doni del Creatore e i talenti ricevuti. Può
anche essere redentivo. Sopportando la penosa fatica [Gen 3,14-19] del lavoro
in unione con Gesù, l'artigiano di Nazaret e il crocifisso del Calvario, l'uomo
in un certo modo coopera con il Figlio di Dio nella sua opera redentrice. Si
mostra discepolo di Cristo portando la croce, ogni giorno, nell'attività che è
chiamato a compiere [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 27]. Il lavoro può essere un mezzo di
santificazione e un'animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.