Gaudium et spes n. 49 e commento CCC
49. L'amore coniugale
Fermezza dell'amore, grandezza d'animo, spirito di sacrificio
[n. 49g2] è per questo che i coniugi, resi forti dalla
grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell'amore, la
grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e li domanderanno nella loro
preghiera.
(CCC 1649) Esistono tuttavia situazioni in cui la
coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per le più varie
ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione
fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano di
essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova
unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se
possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare
queste persone a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al
vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile [Familiaris consortio, 83; CIC canoni 1151-1155]. (CCC 1650) Oggi,
in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una
nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (“Chi
ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di
lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”: Mc
10,11-12 ), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido
il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si
trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio.
Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo
che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe
responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della
Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver
violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a
vivere in una completa continenza. (CCC 1651) Nei confronti dei cristiani che
vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano
educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono
dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come
separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in
quanto battezzati: “Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare
il Sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento
alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della
giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le
opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”
[Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 84].