Gaudium et spes n. 52 e commento CCC
52. Impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia
Coniugi: testimoni del mistero di amore del Signore rivelato al mondo
[n. 52h] Infine i coniugi stessi, creati ad immagine del
Dio vivente e muniti di un'autentica dignità personale, siano uniti da un
uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità (121),
cosi che, seguendo Cristo principio di vita (122) nelle gioie e nei sacrifici
della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare
testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la
sua morte e la sua risurrezione (123).
Note: (121) Cf. Ef 5,16; Col 4,5. (122) Cf. Sacramentarium Gregorianum: PL 78, 262.
(123) Cf. Rm 5,15 e 18; 6,5-11; Gal 2,20.
(CCC 2364) La coppia coniugale forma una “intima
comunità di vita e di amore [che], fondata dal Creatore e strutturata con leggi
proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile
consenso personale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 48]. Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno
all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza
stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità
e l'indissolubilità [CIC canone 1056]. “L'uomo […] non separi ciò che Dio ha
congiunto” (Mc 10,9) [Mt 19,1-12; 1Cor 7,10-11]. (CCC 1365) In quanto memoriale
della Pasqua di Cristo, l'Eucaristia è
anche un sacrificio. Il carattere sacrificale dell'Eucaristia si manifesta
nelle parole stesse dell'istituzione: “Questo è il mio Corpo che è dato per
voi” e “Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per
voi” (Lc 22,19-20). Nell'Eucaristia Cristo dona lo stesso corpo che ha
consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha “versato per
molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28). (CCC 1658) Bisogna anche
ricordare alcune persone che, a causa delle condizioni concrete in cui devono
vivere - e spesso senza averlo voluto - sono particolarmente vicine al cuore di
Gesù e meritano quindi affetto e premurosa sollecitudine da parte della Chiesa
e in modo speciale dei pastori: il gran numero di persone celibi. Molte di loro restano senza famiglia umana, spesso a causa delle condizioni di povertà.
Ve ne sono di quelle che vivono la loro situazione nello spirito delle
Beatitudini, servendo Dio e il prossimo in maniera esemplare. A tutte loro
bisogna aprire le porte dei focolari, “Chiese domestiche”, e della grande
famiglia che è la Chiesa. “Nessuno è privo della famiglia in questo mondo: la
Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono “affaticati e
oppressi” (Mt 11,28)” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 85].