Gaudium et spes n. 73 e commento CCC
73. La vita pubblica contemporanea
[n. 73e] Vengono condannate tutte quelle forme di regime
politico, vigenti in alcune regioni, che impediscono la libertà civile o
religiosa, moltiplicano le vittime delle passioni e dei crimini politici e
distorcono l'esercizio dell'autorità dal bene comune per farlo servire
all'interesse di una fazione o degli stessi governanti.
(CDS 200) Il valore della libertà, in quanto espressione della singolarità di
ogni persona umana, viene rispettato quando a ciascun membro della società è
consentito di realizzare la propria personale vocazione; cercare la verità
e professare le proprie idee religiose, culturali e politiche; esprimere le
proprie opinioni; decidere il proprio stato di vita e, per quanto possibile, il
proprio lavoro; assumere iniziative di carattere economico, sociale e politico.
Ciò deve avvenire entro un «solido contesto giuridico» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus
annus, 42: AAS 83 (1991) 846. L'affermazione concerne l'iniziativa
economica, tuttavia sembra correttamente estensibile anche agli altri ambiti
dell'agire personale.), nei limiti del bene comune e dell'ordine
pubblico e, in ogni caso, all'insegna della responsabilità. La libertà deve esplicarsi, d'altra parte,
anche come capacità di rifiuto di ciò che è moralmente negativo, sotto
qualunque forma si presenti (Cfr.
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus
annus, 17: AAS 83 (1991) 814-815), come capacità di effettivo
distacco da tutto ciò che può ostacolare la crescita personale, familiare e
sociale. La pienezza della libertà consiste nella capacità di disporre di sé in
vista dell'autentico bene, entro l'orizzonte del bene comune universale (Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 289-290).
(CDS 379) Gesù rifiuta il potere
oppressivo e dispotico dei capi sulle Nazioni (cfr. Mc 10,42) e la loro pretesa
di farsi chiamare benefattori (cfr. Lc 22,25), ma non contesta mai direttamente
le autorità del Suo tempo. Nella diatriba sul tributo da dare a Cesare
(cfr. Mc 12,13-17; Mt 22,15-22; Lc 20,20-26), Egli afferma che occorre dare a
Dio quello che è di Dio, condannando implicitamente ogni tentativo di divinizzazione
e di assolutizzazione del potere temporale: solo Dio può esigere tutto
dall'uomo. Nello stesso tempo, il potere temporale ha diritto a ciò che gli è
dovuto: Gesù non considera ingiusto il tributo a Cesare. Gesù, il Messia promesso, ha combattuto e sconfitto la tentazione di un
messianismo politico, caratterizzato dal dominio sulle Nazioni (cfr. Mt
4,8- 11; Lc 4,5-8). Egli è il Figlio dell'uomo venuto «per servire e dare la
propria vita» (Mc 10,45; cfr. Mt 20,24-28; Lc 22,24-27). Ai Suoi discepoli che
discutono su chi sia il più grande, il Signore insegna a farsi ultimi e a
servire tutti (cfr. Mc 9,33-35), indicando ai figli di Zebedèo, Giacomo e
Giovanni, che ambiscono a sedersi alla Sua destra, il cammino della croce (cfr.
Mc 10,35-40; Mt 20,20-23).
(Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della
Chiesa)