Gaudium et spes n. 79 e commento CDS
79. Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra
[n. 79d] La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana
condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà
un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta
esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare
ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che
condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di
tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con
grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è
servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa
voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non
rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una
guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa
tra le parti in conflitto.
(CDS 499) Gli Stati non sempre dispongono degli strumenti adeguati per provvedere
efficacemente alla propria difesa: da qui la necessità e l'importanza delle
Organizzazioni internazionali e regionali, che devono essere in grado di
collaborare per far fronte ai conflitti e favorire la pace, instaurando
relazioni di fiducia reciproca capaci di rendere impensabile il ricorso alla
guerra (Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 288-289):
«È lecito... sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a
scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità,
e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro
comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma
l'amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme,
apportatrice di molti beni» (Giovanni
XXIII, Lett. enc. Pacem in terris:
AAS 55 (1963) 291).
(Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della
Chiesa)