LUMEN GENTIUM 23 e commento CCC



Le relazioni all'interno del collegio episcopale

23e La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra appartiene al corpo dei pastori, ai quali tutti, in comune, Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere, come già papa Celestino ricordava ai Padri del Concilio Efesino [71]. Quindi i singoli vescovi, per quanto lo permette l'esercizio del particolare loro dovere, sono tenuti a collaborare tra di loro e col successore di Pietro, al quale in modo speciale fu affidato l'altissimo ufficio di propagare il nome cristiano [72].

Note
[71] Cf. S. CELESTINO, Epist. 18, 1-2, al Conc. di Ef.: PL 50, 505AB; SCHWARTZ, Acta Conc. Oec. I, 1, 1, p. 22. Cf. BENEDETTO XV, Lett. Apost. Maximum illud: AAS 11 (1919), p. 440. PIO XI, Encicl. Rerum Ecclesiae, 28 febbr. 1926: AAS 18 (1926), p. 69. PIO XII, Encicl. Fidei Donum, l.c. [nota33]. [72] Cf. LEONE XIII, Encicl. Grande Munus, 30 sett. 1880: ASS 13 (1880), p. 145. Cf. CIC, can. 1327; can. 1350 § 2 [nel nuovo Codice: cf. can. 762].

(CCC 887) Le Chiese particolari vicine e di cultura omogenea formano province ecclesiastiche o realtà più vaste chiamate patriarcati o regioni [Canoni degli Apostoli, 34; Constitutiones apostolicae, 8, 47, 34]. I Vescovi di questi raggruppamenti possono riunirsi in Sinodi o in Concilii provinciali. Così pure, le Conferenze Episcopali possono, oggi, contribuire in modo molteplice e fecondo a che “lo spirito collegiale si attui concretamente” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 23].

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