LUMEN GENTIUM 25 e commento CCC
La funzione d'insegnamento dei vescovi
25d Questa
infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la sua Chiesa
nel definire la dottrina della fede e della morale, si estende tanto, quanto il
deposito della divina Rivelazione, che deve essere gelosamente custodito e
fedelmente esposto. Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del
collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo
pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli
(cfr. Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede
e la morale [78].
Note
[78] Cf. CONC. VAT.
I, Cost. dogm. Pastor Aeternus: Dz 1839 (3074) [Collantes 7.198].
(CCC 892) L'assistenza
divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano in comunione
con il Successore di Pietro, e, in modo speciale, al Vescovo di Roma, Pastore
di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione infallibile e
senza pronunciarsi in “maniera definitiva”, propongono, nell'esercizio del
Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza
della Rivelazione in materia di fede e di costumi. A questo insegnamento
ordinario i fedeli devono “aderire col religioso ossequio dello spirito” [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25]
che, pur distinguendosi dall'ossequio della fede, tuttavia ne è il
prolungamento.