DEI VERBUM 10 e Commento CCC
Relazioni della Tradizione e della Scrittura con tutta la chiesa e con il magistero
(DV 10c) Il quale magistero però non è superiore alla
parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in
quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente
ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo
unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato
da Dio.
(CCC 889) Per mantenere la
Chiesa nella purezza della fede trasmessa dagli Apostoli, Cristo, che è la
Verità, ha voluto rendere la sua Chiesa partecipe della propria infallibilità.
Mediante il “senso soprannaturale della fede”, il popolo di Dio “aderisce
indefettibilmente alla fede”, sotto la guida del Magistero vivente della Chiesa
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12; Dei Verbum,
10]. (CCC 891) “Di questa infallibilità il
Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo
ufficio, quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che
conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una
dottrina riguardante la fede o la morale. […] L'infallibilità promessa alla
Chiesa risiede pure nel Corpo episcopale, quando questi esercita il supremo
Magistero col Successore di Pietro” soprattutto in un Concilio Ecumenico [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25;
Concilio Vaticano I: DS 3074]. Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero
supremo, propone qualche cosa “da credere come rivelato da Dio” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 10] e come
insegnamento di Cristo, “a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio
della fede” [Lumen gentium, 25]. Tale
infallibilità abbraccia l'intero deposito della Rivelazione divina [Ib.].