DEI VERBUM 24 e Commento CCC




Importanza della sacra Scrittura per la teologia   


(DV 24a) La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo.


(CCC 2653) La Chiesa “esorta con forza e insistenza tutti i fedeli […] ad apprendere "la sublime scienza di Gesù Cristo" (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture […]. Però la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo; poiché "gli parliamo quando preghiamo e lo ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini"” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 25; Sant'Ambrogio, De officiis ministrorum, 1, 88: PL 16, 50]. (CCC 128) La Chiesa, fin dai tempi apostolici, [1Cor 10,6.11; Eb 10,1; 1Pt 3,21] e poi costantemente nella sua Tradizione, ha messo in luce l'unità del piano divino nei due Testamenti grazie alla tipologia. Questa nelle opere di Dio dell'Antico Testamento ravvisa delle prefigurazioni di ciò che Dio, nella pienezza dei tempi, ha compiuto nella Persona del suo Figlio incarnato. (CCC 129) I cristiani, quindi, leggono l'Antico Testamento alla luce di Cristo morto e risorto. La lettura tipologica rivela l'inesauribile contenuto dell'Antico Testamento. Questa non deve indurre però a dimenticare che esso conserva il valore suo proprio di rivelazione che lo stesso nostro Signore ha riaffermato [Mc 12,29-31]. Pertanto, anche il Nuovo Testamento esige d'essere letto alla luce dell'Antico. La primitiva catechesi cristiana vi farà costantemente ricorso [1Cor 5,6-8; 10,1-11]. Secondo un antico detto, il Nuovo Testamento è nascosto nell'Antico, mentre l'Antico è svelato nel Nuovo: “Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet” [Sant'Agostino, Quaestiones in Heptateucum, 2, 73: PL 34, 623; Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 16]. (CCC 130) La tipologia esprime il dinamismo verso il compimento del piano divino, quando “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28). Anche la vocazione dei patriarchi e l'Esodo dall'Egitto, per esempio, non perdono il valore che è loro proprio nel piano divino, per il fatto di esserne, al tempo stesso, tappe intermedie.   

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