10ª DomTO: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

 

10ª  DomTO: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.   


Le parole della prima lettura, del profeta Osea: “voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti”, già nell’ottavo secolo prima di Cristo enunciarono uno dei maggiori valori del messaggio profetico: l’invito  a unire fede e vita, preghiera e giustizia. Il Vangelo di questa domenica mostra come esso fu portato a perfezione da Gesù.

Ascoltiamo la Parola di Dio 


Os 6, 3-6: 3“Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora. Verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra". 4Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce. 5Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: 6poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.

Rm 4, 18-25: “18Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: “Così sarà la tua discendenza”. 19Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. 20Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, 21pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. 22Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. 23E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato , 24ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, 25il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”.  

Mt 9, 9-13: “9In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". 12Udito questo, disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici” . Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori".   

Meditiamo con lo Spirito Santo


Le parole: “voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” sono molto antiche. La prima lettura mostra che che, già nell’ottavo secolo prima di Cristo, il profeta Osea insisteva su questo grande messaggio profetico. Ancora prima, però, il profeta Samuele, rimproverando il re Saul per aver disobbedito alla  volontà del Signore, chiedeva: “Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti” (1Sam 15,22). 
Oltre a Osea (4,4-5; 5,4-6), anche Isaia (1,10-20), Michea (6,6-8) e Geremia (6,20; 7,21-23) combatterono il culto di opere esterne prive di amore e giustizia. Lo stesso insegnamento risuona nei Salmi (39/40; 49/50; 50/51). Gesù portò a compimento questi ripetuti inviti a unire insieme fede, vita e giustizia, predicando i suoi comandamenti della carità, perdono e misericordia. Il Vangelo di questa domenica mostra le chiare risposte di Gesù ai farisei: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, e: “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”. 
Gesù ha appena invitato a seguirlo e a far parte dei suoi discepoli, Levi-Matteo, molto disprezzato e odiato dai Giudei perché capo dei pubblicani. Gesù ne fa un suo Apostolo e l’Evangelista di questo splendido Vangelo. I pubblicani erano disprezzati e odiati come pessimi peccatori, perché esattori delle imposte, al servizio dell’impero romano, pagano, idolatra e oppressore della nazione ebraica. I pubblicani, inoltre, profittavano della loro funzione per arricchirsi indebitamente a danno del popolo. Per i farisei sedersi a tavola con i pubblicani, peccatori e impuri, era un gran peccato e massimo scandalo. Di qui le loro proteste. 
Anche questa volta Gesù ne approfitta per chiarire il vero motivo per cui il Padre suo e nostro lo aveva inviato. Dice infatti: “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”. Ne spiega anche la ragione dicendo: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. Gesù, quindi, inviato del Padre, viene come medico amoroso, per curare le nostre infermità e portarci la guarigione, per strapparci alla morte e condurci alla vita, per sottrarci al peccato e condurci alla salvezza. 
La Lettera di S. Paolo ai Romani approfondisce tutto ciò, descrivendo Abramo, il credente che offrì al Signore il sacrificio perfetto, valido e gradito. Dio, infatti, pose la sua fede alla prova più elevata e difficile: sacrificare il figlio unico della promessa, Isacco, donatogli nella sua estrema vecchiaia. Abramo obbedì al Signore, con piena fiducia e animo lieto, e il Signore benedisse entrambi, facendo d’Isacco un grande patriarca, padre di patriarchi. 
Dio mette alla prova, accoglie, benedice e compensa immensamente, per tutta l’eternità, quanti aderiscono alla sua volontà, ai suoi inviti e alle sue proposte. Ogni nostra adesione, gioiosa e serena alla sua volontà ci ottiene grazie e doni. Se qualcosa ci sembra troppo arduo o difficile, non temiamo, invochiamolo ed Egli ci sosterrà con la sua grazia e il suo aiuto.
 Egli solo rende possibile tutto ciò che è impossibile alla nostra fragilità e debolezza. Nell’Eucaristia, c’invita e ci fa suoi commensali perché ricorriamo sempre, con piena fiducia e speranza, a lui, medico divino e amoroso che ci guarisce da ogni portò a compimento infermità, malattia, malessere e difficoltà, rendendoci santi e immacolati davanti a lui.      

Preghiamo con la Liturgia e la Chiesa 


L’invocazione della prima orazione muove dall’episodio del Vangelo e gli atteggiamenti di Gesù che preferisce la misericordia al sacrificio, siede con i peccatori e li accoglie alla sua mensa: “O Padre che preferisci la misericordia al sacrificio e accogli anche i peccatori alla tua mensa, fa che la nostra vita, trasformata dal tuo amore, si apra con totale dedizione a te e ai fratelli”.

Le nostre offerte all’altare servano sempre per accrescere il nostro amore al Signore: “Quest’offerta del nostro servizio sacerdotale sia bene accetta al tuo nome, Signore, e accresce il nostro amore per te”.

Supplichiamo sempre il Signore perché la forza risanatrice del suo Spirito, operante nell’Eucaristia, ci guarisca dai nostri mali e ci guidi a compiere il bene: “Signore, la forza risanatrice del tuo Spirito, operante in questo sacramento, ci guarisca dal male che ci separa date e ci guidi sulla via del bene”.   

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